martedì 16 luglio 2024

SISTEMA IMPRESA

29-11-2013

Disoccupazione al top, record per i giovani

Tazza: «L'aggiornamento continuo delle competenze è l’unica strada da percorrere»




Gli effetti della crisi si ripercuotono soprattutto sul mondo del lavoro e su chi si affaccia al mercato.

 

A dirlo è l’Istat che rileva come dato provvisorio come la disoccupazione ad ottobre resti ai massimi storici, segnando lo stesso valore di settembre, e attestandosi al 12,5%: si tratta, ancora una volta, del livello più alto sia dall'inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977. Su base annua l'aumento è di 1,2 punti.

I dati più scoraggianti provengono dal mondo giovanile: il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre è balzato al 41,2%: si tratta del nuovo record storico assoluto. Peggio: tra i 18 e i 29 anni i senza lavoro sono oltre un milione. Questo significa che un disoccupato su tre ha meno di 30 anni. 

 


Occupazione. Rispetto al 2012, gli occupati sono calati dell'1,8% a 22 milioni 358 mila, con un tasso pari al 55,5% che aumenta di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali ma diminuisce di un punto rispetto a dodici mesi prima. Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 189 mila, rimane sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente ma aumenta del 9,9% su base annua (+287 mila). Preoccupa il numero degli scoraggiati, coloro che non cercano lavoro perchè ritengono di non trovarlo sono, infatti, saliti a 1 milione 901 mila. 

 


Giovani. Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, l'Istat sottolinea che riguarda l'11% della popolazione tra i 15 e i 24 anni, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,6 punti su base annua. Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,2% rispetto al mese precedente (-25 mila unità) ma aumenta dello 0,4% rispetto a dodici mesi prima (+55 mila). Il tasso di inattività si attesta al 36,4%, in calo di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e in aumento di 0,2 punti su base annua. Tra i 18 e i 29 anni, invece, il tasso di disoccupazione sale al 28% (+5,2 punti su base annua), con un numero di disoccupati che giunge a 1 milione 68 mila (+17,2%).

 


Precari. Calano anche i precario. Gli atipici, come li definisce l'Istat, hanno subito la terza flessione consecutiva: nel terzo trimestre del 2013, infatti, il numero di dipendenti a tempo determinato e di collaboratori scende a 2 milioni 624 mila, in calo di 253 mila unità (-8,8% su anno). Si tratta di una diminuzione ancora più forte rispetto a quella registrata per i dipendenti a tempo indeterminato (-1,3%)

 

 

«In Europa sono circa 6 milioni i giovani di età inferiore ai 25 anni ad essere disoccupati e un totale di 7,5 milioni non sono occupati né stanno seguendo corsi di istruzione o formazione» ha aggiunto Berlino Tazza,  presidente di Sistema Commercio e Impresa.

«In percentuale, nel primo trimestre 2013, il tasso di disoccupazione in Europa è stato pari al 23,5%, in Germania al 7,7% (la percentuale più bassa in Europa), in Francia al 24,6%, in Italia, come confermano anche i dati sovra riportati, ahimè, abbiamo superato la soglia del 40%. I dati definiscono uno squilibrio del mercato del lavoro nell'UE e una rapida necessità di intervento, soprattutto nel nostro Paese».

Tazza suggerisce delle spiegazioni all’aumento così massiccio della disoccupazione giovanile in Italia, oltre la crisi:

«Sono diversi i fattori che impattano sulla disoccupazione: l'abbandono precoce degli studi senza aver conseguito qualifiche, ad esempio, la carenza di competenze che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro e la mancanza di esperienza lavorativa, oltre alle limitate opportunità di formazione. Poi, la crisi economica ha inciso ulteriormente togliendo alle imprese le risorse da investire in capitale umano. C’è necessità di intervenire. Tutti gli interventi devono essere finalizzati ad una ristrutturazione del concetto di formazione che deve essere intesa come permanente e continuativa nella vita  dell’individuo. Occorre aumentare il livello di scolarizzazione: maggiori sono le competenze specifiche dei giovani italiani maggiore è la possibilità per loro di competere con i colleghi europei; bisogna modernizzare i percorsi di studio creando vere occasioni di contatto con il mondo del lavoro. Uno studio dell’UE ci fa presente che tra oggi e il 2020 si creeranno 73 milioni di posti di lavoro che dovranno essere occupati da giovani dotati di competenze adeguate. Con queste premesse, che indicano chiaramente come si stia procedendo verso una società basata sulla conoscenza, risulta naturale pensare che sia proprio la formazione continua l’arma vincente su cui dobbiamo puntare. Il continuo processo di aggiornamento consente ai lavoratori un migliore inserimento nel mercato del lavoro e alle imprese di dotarsi di capitale umano altamente professionalizzato e preparato ad affrontare le sfide di domani».

 

Vedi anche intervista da Italia Oggi (in allegato)

 

 




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