mercoledì 04 dicembre 2024

SISTEMA IMPRESA

05-08-2021

Riforma fiscale Pmi, necessaria per la ripresa

«Solo così le piccole imprese possono investire in formazione e crescere» - L’opinione di Cesare Damiano




Il 9 luglio l’Istat ha presentato il suo Rapporto Annuale per il 2021. È uno di quegli strumenti rilevanti che, attraverso i dati, disegnano lo stato del Paese in una porzione di tempo. E l’Istat, istituzionalmente, ha il compito di mettere insieme tutti gli indicatori - demografici, economici, sociali - che ci dicono a che punto è l’Italia come collettività.

 

Per quanto riguarda il sistema produttivo italiano, la Sintesi del Rapporto ci spiega che esso “è stato investito in maniera improvvisa dalla crisi, subendo effetti più o meno pesanti e prolungati a seconda delle specifiche realtà settoriali e del loro grado di esposizione alle misure sanitarie e alle modifiche dei comportamenti sociali. La fase recente ha visto segni sempre più diffusi di recupero dell’attività in gran parte dei comparti, ma restano segmenti del sistema delle imprese segnati dallo shock e la cui tenuta rimane una questione aperta, in gran parte da decifrare e valutare”.

 

Cerchiamo di capire, perciò, cosa è successo all’universo delle Pmi e delle microimprese. Spiega, intanto, il rapporto - rispetto all’insieme delle imprese italiane - che “solo l’11 per cento delle imprese con almeno 3 addetti risulta solido […], ma tale insieme rappresenta il 46,3 per cento dell’occupazione e il 68,8 per cento del valore aggiunto totali”. “La crisi ha colpito soprattutto le imprese più piccole: tra le micro (3-9 addetti), circa la metà appare a Rischio strutturale e un quarto Fragile. A livello settoriale risulta a rischio strutturale circa il 60 per cento delle imprese dei servizi alla persona e quasi la metà di quelle dei servizi di mercato, mentre la quota non supera un terzo tra quelle di industria in senso stretto e costruzioni. Oltre il 40 per cento delle imprese industriali ha tratti di resistenza, a fronte di quote comprese tra il 22 e il 28 per cento negli altri comparti.

 

Tuttavia, suggerisce il rapporto, “investimenti in R&S e digitalizzazione, e nella formazione avanzata del personale, aumentano significativamente la probabilità di limitare gli effetti negativi della crisi. Infatti, tra le imprese digitalmente più strutturate solo quattro su dieci hanno ridimensionato l'attività”.

 

I dati fotografano la realtà. Essi, dunque, sono la piattaforma sulla quale va costruito l’edificio dell’azione di governo e legislativa. Sappiamo che le politiche industriali ed economiche definite dall’Unione Europea per costruire il futuro di tutti noi nei prossimi trenta anni influenzeranno enormemente la morfologia del tessuto produttivo e delle attività. Se le Pmi sono riconosciute come la spina dorsale di tale tessuto in Italia, il dibattito sul futuro di questa classe di imprese deve svolgersi con urgenza, impegno e lungimiranza. In questo senso, è bene che il Governo abbia inserito la riforma fiscale nel Pnrr.

 

Una simile riforma può contribuire a sostenerele piccole e medie imprese nel crescere anche dal punto di vista patrimoniale, ad aggregarsi, ad assumere e a fare investimenti in ricerca e sviluppo, nella digitalizzazione, nella formazione attraverso opportuni strumenti fiscali. Una ripresa duratura e consistente dipende, in buona misura, dal peso che daremo a questi fattori.

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