martedì 16 luglio 2024

SISTEMA IMPRESA

01-02-2018

Elezioni, Tazza: «Dalla politica proposte credibili per aiutare le imprese»

Italia al voto, il presidente Tazza: «Dalla politica ci aspettiamo proposte credibili a favore delle aziende». Elezioni regionali lombarde: «Avanti con l’autonomia, più risorse per i territori. Puntare su impresa 4.0, Distretti Urbani del Commercio




Elezioni politiche e regionali. Si voterà il 4 marzo. Un appuntamento cruciale sul piano della democrazia e dell’agenda economica. «Servono proposte credibili da parte del mondo politico, ma soprattutto serve una visione del Paese di lungo periodo che possa intervenire positivamente sulle criticità attuali sviluppando strategie e politiche che durino nel tempo e che siano a vantaggio delle imprese», così Berlino Tazza, presidente della confederazione nazionale Sistema Impresa. Sentiamo che cosa ci ha detto nell’intervista. 

 

 

Presidente, le elezioni si avvicinano. Che cosa ne pensa dei programmi delle forze politiche?
«La fase che precede immediatamente le elezioni non è certo il momento più opportuno per valutare appieno lo stato di salute di un sistema politico. E’ evidente che il clima si surriscalda e, in un contesto di accentuata conflittualità, si tende a fare promesse per battere gli avversari. Ma non sono abituato a fare un processo alle intenzioni. Il contesto tripolare, a differenza di quanto sostengono in tanti, spinge naturalmente ad una più spinta competitività e di riflesso ad un maggiore efficientamento del sistema obbligando i contendenti a non generare troppe delusioni come quelle che si sono verificate in passato. In assenza di posizioni di rendita il contesto potrebbe configurarsi in modo più favorevole per il mondo produttivo e imprenditoriale con il varo di leggi finalmente in grado di dare supporto ed impulso alle aziende del Made in Italy. Il mio pensiero è semplice: l’economia italiana ha bisogno di una forte spinta per ritornare ai livelli pre-crisi. Le politiche nazionali, e quindi l’agenda economica dei prossimi cinque di governo, deve essere concepita in questa prospettiva. La flat tax al 23% per le persone fisiche e per le imprese è una proposta che può andare bene, e che mi sento di sostenere, ma perché diventi davvero fattibile è necessario un’opera di rivisitazione della spesa pubblica che fino ad ora è stata promessa vanamente da tutti gli esecutivi. L’Irap deve essere abolita, è una imposizione che grida vendetta dal momento che penalizza le imprese più virtuose e socialmente responsabili. Serve poi un piano di aggressione convinta alla massa del debito pubblico che, a causa degli interessi, seguita a bloccare gli investimenti strategici. L’Unione Europea, in riferimento al dato dell’indebitamento, deve fornire risposte più praticabili e meno rigide. Una presenza, quella dell’Italia a Bruxelles, che va rivista attraverso uno stile di negoziazione più determinato e soprattutto più consapevole degli interessi reali del Paese. Abbiamo perso l’Agenzia del Farmaco che avrebbe generato un indotto importante per tutto il Paese proprio a causa delle defezioni tra le nazioni dell’Europa del Sud. E’ inaccettabile che si sia persa un’occasione di questo tipo. Ma in un’agenda che si rispetti ci deve essere equilibrio: vanno sostenuti i consumi attraverso un’azione di sostegno al reddito intervenendo sul nucleo fiscale e sulle pensioni minime. E’ indispensabile mettere mano all’assetto istituzionale del Paese in senso federalista bilanciando una tendenza forte al regionalismo con un contrappeso presidenzialista che riporti il potere decisionale nelle mani dei cittadini togliendolo al ceto dei burocrati».

 

E sul fronte lombardo?
«Continuare sulla strada dell’autonomia per ottenere più risorse da destinare ai territori lombardi, potenziare i bandi finalizzati allo sviluppo delle economie locali per adeguare i sistemi produttivi alle sfide dell’impresa 4.0, ampliare l’attrattività sul versante turistico e commerciale, dare fiato al credito per le Pmi e investire nelle infrastrutture cruciali. Ma la vera premessa è costituita dalla battaglia per l’autonomia. Per un motivo molto semplice: la Lombardia viaggia ad una velocità superiore rispetto a quella del Paese e per mantenere un ritmo di crescita che è tutto tranne che usuale servono più risorse di quelle che finora sono state disponibili. Viviamo in una regione che rappresenta un connubio felice che è assolutamente da preservare. Da una parte abbiamo un’economia dinamica, estremamente ricettiva, che guarda al futuro con la consapevolezza di avere alle spalle una forte tradizione manifatturiera. Dall’altra una capacità di governo della cosa pubblica che a mio avviso, nei cinque anni della giunta Maroni, ha saputo interpretare le aspirazioni di un mondo imprenditoriale tra i migliori al mondo. Un connubio di questo tipo funziona se la creatività e la spinta all’innovazione del settore produttivo trova riscontro nella propensione ad investire delle governance locali. Ma queste ultime possono rispondere nel modo dovuto solo se hanno le risorse per farlo».

 

Più autonomia per avere più soldi. Ma per fare che cosa?
« Il referendum sull’autonomia e la possibilità di utilizzare una quota rilevante degli oltre 50 miliardi di euro di residuo fiscale rappresentano la soluzione corretta. Bisogna avere i soldi, tanto per essere chiari, per progettare e realizzare le cose che servono davvero. Questa è la vera priorità. Che la cosa venga attuata applicando una ricetta della destra, attraverso la riduzione degli sprechi e delle tasse, o una ricetta della sinistra, incrementando la spesa pubblica secondo una prospettiva keynesiana, spetterà agli elettori deciderlo. Sicuramente i futuri governanti dovranno rafforzare gli ambiti di produzione locale che, proprio perché tesi a difendere un primato, devono poter contare su un’alleanza efficiente tra pubblico e privato capace di esercitare una governance che deve giocarsela alla pari con le punte più evolute dell’economia europea e mondiale. Regione Lombardia ha destinato ai territori investimenti per 7 miliardi di euro iniettando una energia che sicuramente ha innescato una reazione positiva. Gli accordi di competitività negoziati direttamente tra la Regione e le imprese hanno funzionato molto bene per avviare azioni di ricerca e sviluppo, realizzare infrastrutture e formare il capitale umano. Ma sui territori le azioni di crescita hanno davvero successo se le progettualità messe in campo sono concepite per irradiarsi nel lungo periodo attraverso una regia che sappia valorizzare in modo duraturo e strutturale le eccellenze. Un ruolo che andrebbe affidato alle Camere di Commercio».

 

Si spieghi meglio.
«Il difetto del centralismo è sostanzialmente un difetto di conoscenza. La periferia, negli assetti istituzionali che privilegiano il centro, è molto spesso sacrificata perché non conosciuta nelle proprie prerogative. Regione Lombardia, nella legittima battaglia che ha intrapreso per acquisire maggiori spazi di libertà, non deve commettere lo stesso errore che imputa alle autorità statali. Deve farsi aiutare da quelle realtà che sono depositarie della vera conoscenza dei territori stimolandone la capacità d’azione. Mi riferisco alle Camere di Commercio che storicamente esercitano una funzione di sviluppo a livello locale e che sono in grado di mappare in tempo reale istanze, punti di forza e di valore, domande e carenze delle economie locali. La rete camerale è stata recentemente riformata ed è alle prese con una nuova identità che è tutta de definire. Sarebbe il caso di avviare una partnership tra le Camere e Regione Lombardia assegnando alle prime il ruolo di braccio operativo ai fini dell’individuazione delle progettualità di sviluppo mentre alla seconda il ruolo di ente addetto all’erogazione dei finanziamenti e al controllo dei risultati. Un modello di collaborazione che può e deve fare scuola per tutto il Paese».

 

Quali sarebbero i settori da privilegiare?
«E’ indispensabile puntare sull’innovazione e sull’impresa 4.0 sostenendo investimenti in macchinari e digitalizzazione rivolti anche e soprattutto alle Pmi. Sul fronte del lavoro, proprio sulla base di uno stock di risorse più rilevante ottenuto a seguito dell’autonomia che potrebbe essere impiegato per una rinnovata concezione delle relazioni industriali, si dovrebbe valorizzare il paradigma degli accordi aziendali in cui la fissità del salario è sostituita o integrata dal criterio dei risultati raggiunti. Le imprese, tramite incentivi ad hoc, potrebbero essere invogliate a perseguire percorsi miranti ad aumentare i livelli di competitività della forza lavoro. Un’iniziativa che potrebbe rientrare nel piano regionale di sostegno al credito che attualmente vede Finlombarda Spa come società capofila. C’è poi la grande eredità di Expo che, con gli oltre 20 milioni di visitatori dei quali oltre 6 milioni stranieri, non può essere vanificata. La Lombardia è cresciuta molto nelle classifiche delle regioni più visitate: dal 2018 al 2016 i turisti sono raddoppiati superando nettamente la media nazionale. Offriamo una proposta che unisce arte, bellezza del paesaggio e una cultura enogastronomica di altissimo livello. La provincia di Cremona è un esempio emblematico di un territorio che ha molto da proporre ma che è stato spesso sottovalutato. Il brand musicale ha trovato finalmente un polo di attrazione internazionale con il Museo del Violino nel territorio cremasco, ma un pacchetto organico e coerente intorno all’arte organaria è tutto da costruire. Al turismo è collegato inevitabilmente il commercio alle prese con una rete epocale che regione Lombardia ha affrontato istituendo bandi specifici per la promozione di eventi, riqualificazione dei negozi, azioni destinate a combattere il fenomeno della desertificazione dei centri storici, sicurezza e digitalizzazione con l’avvio di piattaforme e-commerce. I Duc (Distretti urbani del commercio) continuano a funzionare ottimamente come centri di coordinamento ma, proprio perché utili, dovrebbero essere incardinati più strettamente nelle politiche regionali spingendo in questo modo anche le amministrazioni più riluttanti a servirsi di uno strumento decisivo di dialogo fra istituzioni e associazioni del settore. Il prototipo lombardo finora ha funzionato ma ha bisogno di nuova linfa».

 

  • ebiten nazionale
  • formazienda
  • fidicom asvifidi
  • fondo di assistenza sanitaria